Il galateo giapponese a tavola

Le buone maniere all’ombra del sol levante.

Ogni cultura ha le sue particolarità, le sue regole e allo stesso modo le proprie stranezze. Ciò che in una parte del mondo è mera e semplice consuetudine può risultare totalmente inappropriato e persino volgare in un’altra. Gli usi e i costumi sono parte integrante dello sviluppo delle comunità umane, a qualsiasi latitudine e in qualunque angolo del mondo, ma di rado hanno uno sviluppo regolare o razionale, quanto piuttosto non fanno che codificare un’usanza, talora più dovuta al territorio o alle condizioni climatiche che a vere e proprie regole, ma che poi si stratifica e secolarizza col passare del tempo.

Medesima è la matrice da cui spesso traggono origine le regole alimentari che spesso differenziano le confessioni religiose. Il precetto con cui si fa divieto a ebrei e musulmani di consumare carne di maiale, per fornire un esempio su tutti, altro non è che la secolarizzazione di una normale consuetudine. Nelle zone geografiche in cui queste due religioni monoteiste e le relative culture si sono formate, infatti, le temperature elevate, unite all’assenza di frigoriferi o altre tecnologie tali da permetterne la conservazione, la carne suina risultava particolarmente foriera di parassiti e facilmente deperibile

La cultura e la buona educazione nipponica non fanno certo eccezione. Infatti, anche in Giappone sono molte le regole e le consuetudini delle buone maniere che potrebbero apparire quantomeno bizzarre ai nostri occhi ed a maggior ragione sarà importante conoscerle, per evitare di fare figure sgradevoli, mettere i propri commensali in imbarazzo o peggio ancora mancare di rispetto a coloro che eventualmente ci stiano ospitando o accogliendo nella propria casa.

Togliersi le scarpe e porsi in ginocchio.
Ben nota, anche grazie alla letteratura, ai film e alle trasmissioni televisive è già l’abitudine di togliersi le scarpe non appena varcata la soglia e, in ogni caso, prima di mettersi a tavola. Qualora ci si trovi in Giappone, sia pure in un ristorante o in una casa privata, è altrettanto noto come sia abitudine mangiare inginocchiati, poggiando le vivande e i piatti su dei tavolini bassi e senza spazio per stendervi le gambe al di sotto.

I bicchieri e i liquidi.
Come nella tradizione mediorientale, qualora siate ospiti in una casa giapponese, sarà compito del padrone di casa mescere il sakè ai propri ospiti, come segno di benevolenza e buona educazione. A sua volta, uno dei commensali provvederà a riempire nuovamente il bicchiere del padrone di casa, ricambiando la cortesia e dimostrando nel contempo riconoscenza per l’ospitalità e l’educazione dimostrate. È altrettanto percepita come maleducazione l’usanza tipica occidentale di riempire i bicchieri quasi sino all’orlo. Lasciare una quantità di liquido all’interno del bicchiere denota che l’ospite non ha più intenzione di bere.

Le stesse regole valgono sia per le scodelle di brodo che per altri piatti tipici, viene percepito come estremamente maleducato riempire questi recipienti sino all’orlo. Il brodo – che di solito funge da preludio ai piatti più saporiti e al riso – viene abitualmente sorbito bevendolo direttamente dalle scodelle, senza utilizzare un cucchiaio e, paradossalmente, facendo rumore durante la suzione, a sottolinearne la bontà e la riconoscenza nei confronti del padrone di casa.

Le bacchette.
Altrettanto importanti sono i piccoli accorgimenti nell’utilizzo delle bacchette. Questo vero e proprio simbolo della cucina orientale, infatti, rappresenta una componente culturale molto importante, carica di simbolismo e portatrice di tradizioni quasi ancestrali. Mentre a noi occidentali possono apparire scomode, le bacchette sono in realtà molto funzionali per la tipologia di cucina orientale, in particolar modo quella nipponica.

È assolutamente vietato appoggiarle al tavolo, utilizzarle per indicare o comunque sollevarle al di sopra del livello della propria bocca. Per servirsi dai piatti comuni posti al centro del tavolo – secondo la tradizione giapponese – è buona norma utilizzare l’estremità più spessa (quella comunemente rivolta verso di noi quando le impugnamo), ossia quella che non entra in contatto con la nostra bocca. Inoltre non vanno mai incrociate, poste a contatto con il piatto o poste su di essi in posizione verticale.

Quest’ultima, in particolare, è considerata non solo una grave forma di maleducazione, ma persino una fattispecie di cattivo auspicio. Le bacchette così poste sul piatto, infatti, rimanderebbero secondo le usanze giapponesi ai bastoncini di incenso che si usa porre sopra le tombe nei cimiteri. In poche parole, sarebbe l’equivalente occidentale di regalare al padrone di casa un mazzo di crisantemi. Una volta finito il pasto sarà sufficiente riporle nella posizione iniziale, su di un piccolo tovagliolo o su un apposito appoggio.

La distribuzione delle portate.
È bene inoltre ricordare come, esattamente come nella gran parte delle tradizioni culinarie asiatiche, i pasti non siano suddivisi in portate come accade invece secondo le usanze occidentali o anglosassoni. Il fatto che nei ristoranti in questo emisfero la cucina venga spesso servita comunque in questo modo è infatti solamente un tentativo di rendere più fruibile un prodotto gastronomico a livello di massa.

Nella cucina giapponese – come del resto in quella cinese, thai e persino mediorientale – è abitudine porre tutte le portate al centro del tavolo, spesso appunto in piatti comuni, da cui i vari commensali andranno poi ad attingere per riempire il proprio piatto o la propria scodella, qualora si tratti di zuppe o ciotole di riso. Sia che si tratti di brodo, zuppa o riso, è perfettamente normale e consentito avvicinare questi recipienti alla bocca per rendere più facile la suzione ed è altrettanto consentito, qualora si sia in presenza di noodles, udòn o riso, aiutarsi con le bacchette, mantenendole rigorosamente a livello della bocca.

Il sakè.
Analogamente a quanto accade in occidente e in Italia con il vino, lo stesso avviene in Giappone con il sakè. Ne è disponibile un assortimento più vasto di quanto non si immagini, con fasce aromatiche e caratteristiche che vanno ad abbinarsi a diverse categorie di pietanze o che – esattamente come con il vino – necessitano di essere serviti a temperature particolari per poterne esaltare i sapori e particolarità. Infine, vi sono sakè da degustare accompagnati a dei dolci o persino al termine del pasto, per concluderlo analogamente a quanto si farebbe in occidente con un buon distillato, una grappa o un bicchiere di whisky.