Il pasto oltre il cibo

L’estetica e le simmetrie nella cultura giapponese.

Rispetto ad anni e decenni fa, la cucina italiana ed europea in generale hanno per certi versi scoperto – o riscoperto in molti casi – l’importanza e la differenza che può fare un piatto servito e composto in modo armonico, tale cioè da poter appagare non solo la nostra golosità, ma solleticare e risultare gradevole anche al nostro olfatto e alla nostra vista, massimizzando in tal modo la resa complessiva del piatto e della ricetta così presentata.

Appena una decina o quindicina di anni fa discutere di simili particolari avrebbe probabilmente destato ilarità o stupore in quasi qualsiasi contesto. Fortunatamente un trasversale rilancio della cultura del buon cibo, di cui l’Italia è sicuramente tra i massimi esponenti, accompagnato anche da un non affatto trascurabile e generalizzato successo delle trasmissioni culinarie hanno reso l’argomento della resa estetica ed armonica della cucina non più un tabù.

Prima di introdurre i bocconi e le pietanze a contatto con le nostre papille gustative, infatti, noi tendiamo ad assaporare, in senso lato, i cibi prima con gli occhi e poi, subito prima di assaggiarli, con il naso. La vista e l’olfatto, anche in pochi secondi, sono in grado di condizionare la percezione che andremo ad avere di un determinato piatto. Certo, una pietanza disgustosa non ci risulterà meno immangiabile qualora venga presentata con tutti i crismi, ma sicuramente un aspetto armonioso ed un odore invitante non faranno che predisporre al meglio il nostro gusto, riuscendo persino ad esaltare le singolarità di alcuni cibi.

Nella cultura nipponica, invece, questo tipo di salto concettuale non è mai stato necessario. In tutte le culture asiatiche l’estetica ha un’importanza di grande rilievo ed è assunta a livello di vera e propria arte, ed il Giappone non fa certo eccezione, anzi, forse è proprio qui che questa tendenza ha raggiunto i suoi massimi risultati. L’estetica, sia essa quella di un comune oggetto come persino dell’aspetto esteriore di una pietanza, ricopre infatti un ruolo di primissimo piano, in quanto non percepita come a sé stante rispetto all’essenza stessa di quanto rappresentato.

Nella cultura nipponica, infatti, l’aspetto esteriore non viene concettualmente scisso dall’essenza e dall’unicità dell’oggetto cui si riferisce, al contrario, viene presupposto come sua parte inscindibile, come sua declinazione sul piano estetico. Quindi, né più né meno importante della cosa in sé, quanto piuttosto sua diretta espressione.

L’armonia degli oggetti è parte della loro stessa utilità e del loro valore, in quanto essa non viene percepita come un concetto tale da poter venire astratto dall’oggetto cui si riferisce. In altre parole, l’estetica, di qualsiasi oggetto, è importante come l’oggetto stesso, perché ne fa indissolubilmente parte. Come l’utilità pratica andrà a soddisfare un determinato bisogno, così anche l’utilità estetica andrà ad appagarne un altro, offrendo ai nostri occhi un non meno importante spettacolo di proporzione ed armonia.

Questi concetti filosofici, solo apparentemente complessi, si riflettono in maniera limpidissima nella grande importanza che la ritualità e l’estetica giocano nella cucina giapponese. Una pietanza potrà infatti essere squisita, ma il suo valore sarebbe inevitabilmente intaccato qualora non dovesse presentarsi in modo adeguato, spezzando l’equilibrio tra le varie qualità che il piatto dovrebbe avere, non solamente dal punto di vista culinario.

Il piatto della cucina giapponese ha un valore formale, ben più elevato rispetto alla mera necessità di nutrirsi. Nella cultura nipponica, infatti, il piacere associato il cibo ha tre dimensioni specifiche, l’estetica, il gusto, e l’armonia tattile-olfattiva. Ognuna di queste qualità deve risultare bilanciata ed in equilibrio con le altre, in caso contrario ne risentirebbero quei concetti e quelle stesse sensibilità su cui si basa l’intera cultura gastronomica giapponese.

Il cibo, nella cultura nipponica, è visto come un’esperienza su più piani differenti, laddove nessuno di essi deve prevalere sull’altro, ma in cui allo stesso tempo il risultato finale non può prescindere dalla loro totalità e dalla loro reciproca armonia. In Giappone, oltre che ad una ovvia precisione nella scelta degli ingredienti e nella preparazione dei piatti, si osserva infatti una grandissima meticolosità nella preparazione fisica delle varie pietanze e sull’armoniosità del loro aspetto.

In ogni piatto, nessun elemento deve sovrastare l’altro, in quanto ogni singola parte è parimenti importante e fondamentale al fine di una corretta riuscita. Gli stessi ingredienti che vengono mescolati e combinati vengono concepiti per non dissipare mai del tutto la propria singolarità, proprio perché ogni particolare possa concettualmente contribuire in egual misura a portare a termine la composizione.

Con un’attenzione degna di un mosaicista, infatti, i cuochi giapponesi si sono specializzati più di chiunque altro nel rendere impeccabili le proprie composizioni, sotto ogni punto di vista, proprio perché partono dal presupposto che siano tutti ugualmente fondamentali e che un piatto non possa dirsi riuscito qualora tutti gli elementi non risultino in perfetto equilibrio.

Ecco allora che quei dettagli che ad un occhio disattento potrebbero apparire secondari vanno invece ad assumere un’importanza cruciale, non solo nella preparazione ma nel modo stesso che si ha di concepire un determinato piatto. La forma e la misura con cui vengono tagliate e disposte le verdure non sono infatti mai casuali, sono invece spesso frutto di anni di studio e perfezionamento. È fondamentale infatti che le forme siano sempre regolari, perché non infrangano l’armonia e la fluidità della composizione del piatto.

Non solo le forme, ma anche i colori e gli accoppiamenti cromatici hanno un’importanza cruciale nella cultura gastronomica giapponese. Ogni particolare del piatto e della tavola dovrà infatti ruotare attorno ad una precisa e specifica armonia di forme e scale cromatiche. Si commetterebbe un errore, tuttavia, a pensare che questo modo di concepire la cucina sia unica prerogativa di chef ed esperti di cucina.

Ne sono infatti un esempio limpido i celebri bento, le tradizionali scatolette che i giapponesi utilizzano per portarsi il cibo a scuola o sul luogo di lavoro. Ebbene anche in una dimensione così casalinga e quotidiana, la disposizione del cibo all’interno di questi recipienti viene fatta rispondendo esattamente alle stesse regole non scritte di estetica ed armonia, di volume, profumi e scale cromatiche. Questi sono aspetti importanti della cultura nipponica, tanto da risultare persino motivo di vanto, sia tra i cuochi più rinomati che tra le persone comuni.